Tra gli impianti più importanti che devono essere previsti in un edificio residenziale c’è sicuramente quello idraulico. Un impianto costituito da diversi tipi di sanitari, tubazioni e dispositivi che si occupa, da una parte, di fornire l’abitazione di acqua, e dall’altra di smaltire quelle contenenti rifiuti, le cosiddette acque reflue. Vediamo nel dettaglio quali sono gli aspetti essenziali da conoscere sia dal punto di vista normativo che tecnico per una corretta gestione dello smaltimento delle acque reflue in casa.
La normativa di riferimento
In Italia a disciplinare il trattamento delle acque reflue è principalmente il Decreto Legislativo 152/1999 che sancisce che tutti gli scarichi devono essere autorizzati. Sono assolutamente vietati qualsiasi tipologia di scarico nel sottosuolo sia di attività civili che industriali. L’assenza della relativa autorizzazione, lo scarico di acque reflue non conforme alle normative di legge o, ancora, l’attività di scarico con autorizzazione revocata o sospesa è passibile di sanzione pecuniaria (fino a 60000€) o con la reclusione fino a due anni.
Sebbene la competenza sia delle amministrazioni locali, ci sono riferimenti normativi nazionali da prendere in considerazione. Il Decreto Legislativo 152/2006 (Testo Unico dell’Ambiente) fissa i valori massimi degli scarichi a seconda delle diverse tipologie di acque reflue (domestiche, industriali e urbane). Infine la Legge europea 167/2017 stabilisce rigorose regole per il monitoraggio delle sostanze inquinanti e la condivisione dei dati da parte delle autorità deputate al controllo.
Le acque reflue domestiche si distinguono in: acque nere, acque grigie e acque meteoriche. Le acque nere sono quelle provenienti dall’uso del WC, mentre quelle grigie dall’utilizzo di vasche, docce, bidet e lavabi ma anche lavelli da cucina e lavastoviglie. Le acque meteoriche sono invece quelli provenienti dai fenomeni atmosferici come pioggia, grandine e neve.
Lo smaltimento delle acque reflue
La normativa italiana prevede che lo scarico delle acque reflue nella rete fognaria è sempre consentito a condizione che siano osservati i regolamenti in materia. Si possono però verificare due alternative: la presenza di una fogna privata o l’assenza di una fognatura, condizione comune nelle case situate in zone rurali. Nel caso di una fognatura privata il proprietario dell’immobile ha l’obbligo di convogliare le acque reflue domestiche all’interno della rete fognaria pubblica tramite il ricorso a specifiche tubazioni. Nel caso in cui l’abitazione fosse distante dalla rete fognaria è possibile ricorrere a metodi di smaltimento delle acque reflue alternativi. Questi prevedono il ricorso un impianto di trattamento delle acque reflue che può prevedere una fossa biologica, un degrassatore o un sistema di fitodepurazione.
Cosa prevede lo smaltimento delle acque reflue
Il trattamento delle acque reflue consiste sostanzialmente in una serie di attività e processi finalizzati alla rimozione dei contaminanti presenti all’interno di un’acqua di origine urbana (come quelle domestiche) o industriale. Esistono diverse tipologie di trattamento (primario, secondario e terziario) che permettono di eliminare le sostanze tossiche dai rifiuti liquidi. Questo avviene tramite la trasformazione in fanghi che successivamente vengono sottoposti ad altri trattamenti per poi essere smaltiti in discariche dedicate, impiegati nel settore agricolo o conferiti negli impianti di compostaggio.